sabato 12 novembre 2011

Siliciano: perché l’efficacia dei farmaci antiretrovirali è variabile

Riprendo il thread [CROI 2010]Advances in ART: SILICIANO,  perché a fine ottobre Siliciano ha tenuto una lezione a Baltimora, nell’ambito del 13° incontro internazionale dell’Institute of Human Virology (IHV Meeting), durante la quale ha affrontato la questione se la HAART sia abbastanza potente per bloccare la replicazione del virus: Understanding How HAART Works.

Dall’articolo che ha pubblicato a luglio su Science Translational Medicine e dal titolo della relazione che terrà fra un mese a St Martin (Barriers to HIV eradication), credo si possa capire quanto le questioni di “farmacomatematica” lo stiano tenendo occupato e invece – purtroppo! – quante poche soddisfazioni gli stiano arrivando sul fronte dei farmaci antilatenza (sta sperimentando il disulfiram, è vero, ma temo che ci creda poco lui per primo).

Mi pare comunque utile riprendere il post che gli avevo dedicato lo scorso luglio e, a seguire, riportare la brevissima sintesi di Lafeuillade della lezione alla University of Maryland.


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È uscito proprio ieri [13 luglio 2011] su Science Translational Medicine il frutto di almeno tre anni di lavoro di Lin Shen, all'inizio specializzando, ora collaboratore di Siliciano. Purtroppo non riesco ad avere l’articolo, ma ne è uscita una recensione su Sciencenews e ve la sintetizzo, poiché quando parla Siliciano vale sempre la pena di starlo ad ascoltare e, in questo caso, insegna a guardare a una vecchia idea con occhi nuovi (che in genere è quello che fanno gli scienziati “rivoluzionari” e che, in termini tecnici, possiamo chiamare “slittamento di significato”).

Spiegata l’efficacia variabile dei cocktail di farmaci anti-HIV

Aumentare le dosi funziona nei momenti critici del ciclo virale del virus

Rachel Ehrenberg – mercoledì 13 luglio

Un nuovo modello matematico sul funzionamento dei farmaci contro l’HIV spiega in termini biologici le variazioni – ad oggi considerate sconcertanti - nel successo delle terapie. La ricerca, pubblicata il 13 luglio su Science Translational Medicine, potrebbe aiutare ad affinare le terapie contro l’HIV e altri virus, quali quello dell’epatite C.

Il nuovo modello spiega che aumentare leggermente la dose di alcuni farmaci anti-HIV ha un grande effetto nel caso in cui questi farmaci siano pensati per colpire obiettivi molteplici. “Scoprire che più proiettili possono colpire più obiettivi può sembrare scontato – dice Robert Siliciano – ma arrivarci ha richiesto un cambiamento nel modo di pensare a una vecchissima idea: quella della relazione fra la dose di un farmaco e il suo effetto”.

Per secoli, l’efficacia di un farmaco è stata rappresentata visivamente con quella che è chiamata la “curva dose-risposta”. Questa relazione sovente, quando è rappresentata in un grafico, prende una forma a “S” allungata. Ma nel 2008 Lin Shen, che allora era uno specializzando di Siliciano, capì che la ripidità dell’inclinazione della “S” – la sua pendenza – varia in funzione delle diverse classi di farmaci anti HIV: se sale gradualmente, significa che degli aumenti nella concentrazione del farmaco migliorano la risposta in modo graduale; invece, una pendenza molto ripida significa che piccoli aumenti nella concentrazione del farmaco potrebbero distruggere molte più molecole-target.




Siliciano spiega che è stupefacente il fatto che la ripidità di questa pendenza abbia qualcosa a che vedere con i farmaci contro l’HIV e che le differenze in ordine di grandezza siano davvero enormi (per esempio, aumentare il dosaggio dei più efficaci fra gli inibitori della proteasi può renderli miliardi di volte più potenti contro il virus, mentre aumentare la quantità di AZT potrebbe avere un effetto di sole 10 volte più grande rispetto a quello ottenuto con un dosaggio più basso).

Aumenti incrementali nella dose che producono un grande miglioramento nella risposta sono un fenomeno che di solito si verifica con farmaci che attaccano una molecola target in molteplici siti, e questo effetto è noto come “legame cooperativo” [dove la cooperazione dipende proprio dall’interazione che si crea fra i diversi siti]. Tuttavia, l’HIV ha un unico sito in cui il farmaco può attaccarsi, quindi dare di più di un farmaco non necessariamente lo rende più efficace.

Quel che hanno capito Siliciano e Shen, invece, è che IN CERTI MOMENTI DEL CICLO VITALE DELL’HIV, C’È COSÌ TANTO VIRUS O COSÌ TANTI APPARATI VIRALI DA ATTACCARE CHE I FARMACI CREANO UN LEGAME COOPERATIVO, MA PER COLPIRE MOLTISSIMI OBIETTIVI PIUTTOSTO CHE MOLTI SITI IN UN UNICO OBIETTIVO.

“Non era affatto scontato – dice Siliciano. Un conto è un pensiero lineare, che ti porta a vedere a quali concentrazioni di un farmaco ottieni il 50% di inibizione. Ma il virus si replica esponenzialmente: ogni cellula infetta rilascia abbastanza virus da infettare altre 10 cellule. Quindi dovevamo imparare a pensare in questi termini”.

Siliciano e Shen hanno testato il modello creando dei virus che offrissero un numero di target diverso rispetto al solito, per esempio virus che non producessero il solito numero di enzimi proteasi. Quando hanno infettato delle cellule renali con questi virus modificati e hanno calcolato le curve dose-risposta, le pendenze erano diverse rispetto a quelle dell’HIV non modificato: si è scoperto che se il virus alterato presentava al farmaco meno enzimi funzionanti da disabilitare, il virus veniva inibito a un dosaggio più basso.

Nell’abstract si precisa che questa INIBIZIONE COOPERATIVA viene spiegata da un modello in cui l’infettività richiede la partecipazione di molteplici copie del target del farmaco in un determinato stadio del ciclo vitale del virus. Coerentemente con le osservazioni sperimentali, questo modello fa delle predizioni per le diverse combinazioni di antiretrovirali, spiega la grande attività antivirale di due importanti classi di farmaci e definisce una caratteristica che rende i target dei farmaci dei “buoni” target: la cooperatività intermolecolare.


In un commento pubblicato sulla stessa rivista, Steven Deeks sostiene che i concetti esposti in questo nuovo modello aiuteranno a combattere l’HIV, ma anche altri virus, tipo l’HCV: “l’HIV è una macchina per replicare. Muta costantemente e il sistema immunitario fatica a controllarlo. Proprio perché il virus è così efficace nel fare quel che fa, non siamo mai riusciti a capire perché le combinazioni di farmaci abbiano funzionato per così tanto tempo. Ora che la matematica ci ha spiegato il segreto di questo successo dei farmaci, finalmente l’abbiamo capito”.



Fonte: 
- sciencenews.org
Abstract: 
- Siliciano - Lin Shen: A critical subset Model Provides a Conceptual Basis for the High Antiviral Activity of Major HIV Drugs
- Perelson - Deeks: Drug Effectiveness Explained: The Mathematics of Antiviral Agents for HIV

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Ed ecco la relazioncina di Lafeuillade, cui seguirà l'abstract di Siliciano:

Nella sua lezione, Siliciano ha affrontato la domanda se la HAART sia abbastanza potente da bloccare completamente la replicazione dell’HIV ed ha risposto utilizzando la “farmacomatematica”. Ha ricordato il lavoro di Shen – uscito nel 2008 – sulla pendenza della curva dose-risposta che, dopo che è stata trasformata in una funzione logaritmica, fornisce un parametro ideale.
Siliciano ha sostenuto che questo parametro è direttamente legato a QUANTE NUOVE CELLULE INFETTE SI CREANO IN UNA GENERAZIONE DEL VIRUS. Questo è in relazione con la viremia e dimostra che - IN MEDIA – SERVE UNA POTENZA DI RIDUZIONE DI 6 LOG PER BLOCCARE LA REPLICAZIONE DELL’HIV.
Siliciano ha utilizzato questo parametro per calcolare la potenza di ogni ARV oggi disponibile. Per alcuni antiretrovirali si è visto che la curva di risposta era lineare, per altri no. Gli inibitori della proteasi hanno mostrato il più alto potenziale inibitorio a delle dosi cliniche. Ciò significa che, aumentando il dosaggio, la curva aumentava nettamente.
Questo non si è visto con gli NRTI o con il Raltegravir. L’IP più efficace si è dimostrato il Darunavir/r, con una riduzione di 8-10 log.
Siliciano ha poi affrontato la questione della misurazione degli effetti combinati dei farmaci e, grazie al suo modello, è stato in grado di valutare la potenza di più di 800 combinazioni possibili con tre farmaci. Alcune di queste, grazie a un effetto sinergico, hanno mostrato una riduzione fino a 12 log.
TUTTAVIA, SILICIANO HA CONCLUSO CHE, A SUO PARERE, ANCHE LA PIÙ POTENTE DI QUESTE COMBINAZIONI NON RIESCE AD INFLUENZARE IL RESERVOIR PROVIRALE.


Understanding How HAART Works

Highly active antiretroviral therapy (HAART) can reduce viremia to below the limit of detection of current clinical assays (50 copies of HIV RNA/ml plasma), but viral reservoirs and low level residual viremia persist. Recent studies of HAART intensification show that the residual viremia is not due to ongoing replication, but rather release from stable reservoirs. Pharmacodynamic studies of antiretroviral drugs have shown that some classes of drugs have steep dose response curves, reflecting a unique form of intermolecular cooperativity that allows for up to 10 logs of inhibition of a single round of replication by some of the best drugs. The development of methods for calculating the combined inhibitory potential of drug combinations has allowed for the first time a direct comparison of the antiviral activity of different drug regimens and the definition of a minimum threshold for effective HAART. This quantitative approach to understanding HAART may be useful in the choice of HAART regimens for patients with wild type and resistant virus.



Domandina mia: basta con le speranze di intensificazione della HAART in funzione eradicante?

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