Sono le solite giornate celebrative, è vero, di cui tutti si dimenticano appena sono trascorse. Ma questo 18 settembre è stato preceduto da un’iniziativa presa da un’associazione - Treatment Action Group (TAG) – che a inizio settembre ha diffuso una petizione ad Anthony Fauci, in qualità di direttore del “National Institute of Allergy and Infectious Diseases” (NIAID), presso i “National Institutes of Health” (NIH), perché la ricerca americana (l’unica che conti davvero) si faccia carico della questione INVECCHIAMENTO CON E DA HIV.
La petizione è on line, poteva essere firmata qui entro il 17 settembre e se ne è già parlato in un altro post: http://www.treatmentactiongroup.org/advocacyLetters.aspx?id=172.
Ma già il 9 di settembre Fauci si era preoccupato di dare una risposta, certo parziale e forse insoddisfacente per i firmatari della petizione, ma che non ha lasciato il loro appello del tutto inascoltato. Questo per dire che qualcosa, per farsi ascoltare, delle associazioni serie possono sempre farlo.
Esistono, infatti, delle associazioni che si occupano della salute dei sieropositivi; che raccolgono fondi per la ricerca di una cura, che creano “consorzi” per far circolare le idee fra comunità scientifica, pazienti, istituzioni normative e finanziatori e per consolidare la speranza che in un giorno non lontano si possa eradicare il virus; associazioni che hanno uno sguardo attento anche verso la clinica e sono quindi ben consapevoli dell’emergenza, sia sanitaria sia sociale, che si sta creando in tutto il mondo occidentale per l’invecchiamento della popolazione HIV positiva.
Questa è la traduzione di parte della risposta di Fauci (l’originale qui: http://www.nih.gov/news/health/sep2010/niaid-09.htm):
Dichiarazione degli NIH sulla Giornata nazionale di consapevolezza su HIV/AIDS e invecchiamento, 18 settembre 2010”
Da Anthony S. Fauci, MD, Direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases, Richard J. Hodes, Direttore del National Institute on Aging, Jack Whitescarver, Direttore dell’Office of AIDS Research, NIH.
Le persone HIV positive più anziane si trovano ad affrontare delle sfide alla loro salute che sono uniche, in quanto derivano dai cambiamenti che i loro organismi subiscono a causa dell’età, accelerati dall’infezione da HIV, a causa dell’infezione stessa e, sovente, da patologie associate alle terapie. Il 18 settembre ricorre la terza giornata dedicata alla consapevolezza su HIV/AIDS e invecchiamento: un’occasione per mettere in evidenza queste sfide e le ricerche volte a migliorare la salute e la qualità della vita delle persone sieropositive più anziane.
Molti di loro hanno più di 50 anni, grazie alle potenti combinazioni di farmaci antiretrovirali che sopprimono la replicazione del virus. Nel 2006, circa il 25% di persone con HIV negli USA avevano 50 anni e più. In coloro che sono malati da più tempo, la persistente attivazione delle cellule immunitarie a causa del virus aumenta la suscettibilità di queste persone verso patologie indotte dallo stato infiammatorio e diminuisce la loro capacità di combattere altri disturbi. Unita al processo di invecchiamento, la prolungata esposizione sia all’HIV sia agli antiretrovirali sembra aumentare il rischio di ammalarsi e di morire a causa di disturbi cardiovascolari, ossei, renali, epatici e polmonari, così come di numerosi tumori non direttamente associati all’HIV.
A ciò si deve aggiungere che un numero crescente di 40- e 50-enni infetti da più tempo mostrano di soffrire di sindromi che somigliano all’invecchiamento prematuro. (…)
L’HIV progredisce più rapidamente nelle persone più anziane rispetto ai più giovani e la HAART ripristina il sistema immunitario in modo meno efficiente: questo mette i più anziani in una situazione più a rischio di patologie e anche di morte a causa dell’infezione rispetto ai più giovani, che sono infetti per analoghi periodi di tempo. Inoltre, il tasso più alto di patologie preesistenti nelle persone di età avanzata sovente rende più difficile il trattamento dell’infezione.
D’altra parte, le persone più anziane e i loro medici tendono a non considerare i 50enni a rischio di contrarre l’HIV, quindi non discutono e non prendono misure di prevenzione. A complicare le cose, i segni e sintomi dell’AIDS nei più anziani possono essere confusi con disturbi connessi all’età, con conseguente ritardo nella diagnosi e dell’inizio della terapia. (...)
L’NIH sta finanziando un gran numero di studi per rispondere alle sfide poste dall’HIV, compresi i problemi dell’invecchiamento e degli effetti a lungo termine dei trattamento con gli antiretrovirali. Gli studi spaziano dal declino della funzione immunitaria causato dall’HIV all’aumento di rischio di disturbi cardiovascolari, dall’effetto dei cambiamento ormonali indotti dalla menopausa sulle donne sieropositive alla scoperta precoce dei disturbi renali, dal declino della memoria e delle capacità cognitive nelle persone malate da più tempo all’aumentato rischio di osteoporosi e di fratture.
Alcuni di questi studi sono finanziati grazie a un programma chiamato “Medical Management of Older Patients with HIV/AIDS”, creato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases, dal National Institute on Aging e dal National Institute of Nursing Research, tutti parte dei NIH. Questo programma continua a sollecitare proposte di ricerca perché si studino una serie di questioni biomediche rilevanti per i sieropositivi più anziani. (…)
È da aggiungere una ricerca finanziata dai NIH per aiutare i medici ad affrontare il trattamento – sovente più complesso – della infezione da HIV e delle malattie correlate nelle persone più anziane, così come il fenomeno dell’invecchiamento accelerato dovuto a un’infezione di più antica data. Mentre l’NIH continua a cercare una cura per l’infezione da HIV e per sviluppare altri e più potenti strumenti di prevenzione, noi continuiamo a impegnarci per aiutare le persone HIV+ a vivere più a lungo e in migliore salute. (…)
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